Storia e storie: il galletto "timbrapane"

In un post di qualche tempo fa, la saggia Serena commentava suggerendo a tutti di raccontare un po' di più di storia locale, che lei adora...e anch'io!
Così mi sono decisa a scrivere un post che avevo in mente da tanto e che in realtà non riguarda la mia storia locale, ma non importa, riguarda la storia delle persone comuni, vissute semplicemente un po' di decenni prima di noi. È la storia di questo galletto in legno di ulivo, lo hanno regalato a Fra lo scorso anno per il suo compleanno, souvenir di Matera.

 Quando sua sorella e il suo compagno hanno visto la botteguccia dell'artigiano che fabbricava questi oggetti non hanno potuto fare a meno di pensare al panificatore di famiglia :) E ovviamente hanno ascoltato la storia e le storie di questi timbri dall'artigiano che glielo fabbricava lì sul momento, storia che hanno raccontato a noi e che io riporto a voi. E non obiettate subito che, di bocca in bocca, chissà quante cose sono state modificate, tolte, aggiunte...non conosciamo forse le storie più belle, più interessanti, più avvincenti tramite la narrazione orale?
Quindi state buoni e ascoltate.
Decine e decine di anni fa, in tutte le case si autoproduceva il pane. Sì, lo so che lo sapete già, ma insomma lasciatemi raccontare! Dicevo, mica come ora che farsi il pane in casa è quasi una moda, che la pasta madre è per chi ha tanto tempo a disposizione (estremamente falso!!) e particolare voglia o inclinazione a cimentarsi in cucina. No, ai tempi era normale come lavarsi la faccia al mattino; si comprava al farina o addirittura il grano da macinarsi, si possedevano madie in cui mettere a lievitare il pane e poi...si cuoceva, direte voi! Eh no, che mica si poteva sprecare tutta quell'energia, mica si poteva accendere la stufa (non state mica immaginando forni elettrici?!) in piena estate appositamente per cuocere il pane! No, si prendeva la propria o le proprie pagnotte e le si portava al forno del paese, dove appunto tutti andavano a cuocere il proprio pane. Ma i paesani sono tanti e tutti ad autoprodursi il pane...come si fa allora a riconoscere il proprio? Ecco che arriva il nostro galletto! Che ovviamente non deve essere per forza un galletto, ma una qualsiasi forma che possa identificare la famiglia e che porti, sotto, le iniziali del proprietario.


Geniale, no? No? Niente di speciale o comunque ci eravate arrivati già da soli? Però che pretenziosi, quando facevo letture animate ai bambini non facevano tutte queste storie (alcuni sì...)! Comunque va beh, allora vi racconto anche l'uso secondario del timbro, e vediamo se sapevate anche questo!
Sempre a quei tempi, se un giovane aveva adocchiato la bella a cui chiedere la mano, non le mandava mica un sms per chiederle di uscire, anzi non glielo chiedeva e basta, non son mica modi! Lui faceva in modo che lei ricevesse, indovina indovinello, il timbro! Sì, proprio il timbro che la sua famiglia utilizzava per distinguere il proprio pane. A questo punto il giovine innamorato poteva aspettarsi due reazioni, anzi tre. Ipotesi 1: la bella è altrettanto innamorata e allora si tiene il timbro, che diventerà dunque quello della famiglia che i due andranno a formare. Ipotesi 2: la bella non ne vuol sapere e, per portarne a conoscenza lo sfortunato spasimante, gli rende il timbro oppure, forse se proprio proprio il tipo non le piace nemmeno un po' e anzi le sta pure un po' sulle balle, distrugge il povero pezzo di legno d'ulivo.
Dite la verità, questa vi mancava!
E, giacchè siamo in tema, vi lascio pure un bel ritratto, in particolare splendida ed esuberante forma, del nostro lievito madre, o per meglio identificarlo, del nostro Babbo II (il primo defunse tempo addietro...), battezzato appunto Babbo perchè non sia mai che non venga riconosciuta la paternità di colui che gli ha dato vita e che se ne prende più o meno quotidianamente cura.

Commenti

  1. Ho riconosciuto subito il galletto perché lo abbiamo acquistato a Matera lo scorso anno, probabilmente dallo stesso artigiano ;-).
    La storia è bellissima, come tutte le storie che abbiamo appreso dagli artigiani della splendida città dei Sassi. Noi lo abbiamo fatto incidere con le iniziali della nostra piccola, ci piace l'idea che un domani possa portarlo con sé e a sua volta donarlo a chi verrà dopo!

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    1. Ma che bello! Sì, credo che con una bimba avrei fatto lo stesso anch'io, è un bellissimo regalo :)

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  2. io in Puglia sono riuscita a mangiarlo ancora il pane cotto nel forno comunale aperto al pubblico il martedì delle pucce con i peperoni e le olive che non scorderò mai: timbro o non timbro

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    1. Uh, la puccia! Cosa mi hai ricordato!!

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    2. Le pucce? Cosa sono le pucce? Se sono una cosa pugliese saranno sicuramente buone!

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    3. Lo sono eccome!! La puccia è qualcosa tra un panino e una focaccia, da farcire come meglio credi, chè tanto qualsiasi cosa ci metti sarà divina (sei in Puglia, baby!). Comunque, se non l'hai già fatto, metti "puccia pugliese" su google immagini...e ci sta che decidi di andare in vacanza in Puglia quest'anno :)

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    4. Quanto lo preferirei al posto dove sto per andare! Burrata batte burrito 10-0!

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    5. Eh, ho appreso solo ora della tua partenza... Dai dai, almeno dove stai per andare non ci sono tamarri che parcheggiano nei posti riservati agli handicappati ;)

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  3. Criii, ma queste meraviglie in questo post?! Sarei qui con.."ma che meraviglia, ma che meraviglia.." all'infinito come un ebete, altro che saggia (comunque grazie di avermi citata, mi hai fatto sentire al mondo, in questi giorni che sono lontana da tutti...anzi, tutti sono lontani da me..)
    Non so se è più bello il timbro e la sua storia oppure il lievito babbo che esplode di vita o quel pane timbrato che se l'avessi qui me lo mangerei tutto e non tanto per dire...
    Eh, si, un tempo si faceva così, anche qui poco lontano c'è una corte dove prima nel forno andavano ad infornare tutti i vicini, compresa la mia bis nonna, la corte si chiamava "la piccola Russia" ti lascio immaginare perchè, e il momento che tutti i bambini (compreso il mio babbo) bramavano era sul finire di aprile,quando per le feste del bestiame si faceva la torta coi bischeri...
    e queste sono storie belle, quindi...grazie anacora Cri per averci raccontato e avermi fatto venir voglia di raccontare!

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  4. Bona la torta coi bischeri!!! Ho riso tanto per la piccola Russia, solo voi siete capaci di tali perle :) E allora vedi che di storie ne hai anche tu? Racconta racconta, e grazie per avermi stimolata a raccontare (perchè sì, non sono stata io a farti venir voglia, hai cominciato tu! Dando tanta soddisfazione a quel mio post..) Ciao Serena bella, passa un bel weekend, da sola o con gli altri, come meglio ti gira :)

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  5. Ciao Cri, grazie!!! e sono contenta ti garbi la torta co'bischeri!!
    speriamo in un finesettimana in compagnia anche umana, da lunedì sono io e l'orto e qualche zia che invita a cena e io rifiuto... sono in piena fuga dalla civiltà, poi mi passa, spero..
    baci
    sere

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    1. Beh, meglio che te e la tv... Un distacco dalla civiltà per starsene nell'orto non può far male, purchè tu non dimentichi la stada verso il resto dell'umanità ;)

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  6. quel pane in foto è un'istigazione è come se sentissi il profumo da qui...

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  7. Ottima idea di serena, trasformata in un post meraviglioso. Mai stato a Matera, ma mi piacerebbe.

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  8. No! Che meraviglia queste storie! Non sapevo dei timbri, chissà se li usavano ovunque, non solo in Puglia... Della famiglia di mia madre ci resta (a casa di mio fratello, però!) una bellissima madia che mia zia aveva però fatto trasformare in baule contenitore, memoria di quando il pane si faceva in casa. Quel pane che è in attesa nella mia to do list da un sacco di tempo... ma prima o poi mi butto anche io :)
    Forse ti scriverò in privato nei prossimi giorni, vorrei chiederti una cosa... :)
    Ora vado a leggere l'altro tuo nuovo post...

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  9. Belle le madie, sì! Io ne ho puntata una a casa di mia suocera a cui faccio la corte dalla prima volta che l'ho vista! Col pane, il più è partire, poi ti accorgi di quanto sia facile :)
    Scrivimi pure quando vuoi, mi fa piacere!

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